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CULTURA E TRADIZIONI OCCITANE

Le dimensioni di un patrimonio minoritario


L’identità occitana affonda le sue radici in dimensioni antropologiche, storiche, religiose e culturali, oltre che in moduli linguistici a queste ancorate.

Tra i caratteri più distintivi di una cultura locale e nello stesso tempo più variabili da una zona all’altra che contribuiscono alla caratterizzazione di una comunità e del suo territorio c’è il patrimonio architettonico, di cultura materiale e quello culinario.

Esiste, infatti, una stretta relazione tra fattori ambientali, sistemi alimentari, produttivi e forme di insediamento abitativo e di organizzazione sociale di un gruppo sociale tradizionale.

La grande fascia dell’arco alpino non ha rappresentato un territorio di frontiera, ma un’area dalla forte tradizione culturale specifica e piuttosto omogenea, in cui la montagna restava relativamente isolata verso valli e pianure, ma aperta verso il versante opposto, favorendo i contatti con le popolazioni di oltre confine, a differenza del territorio calabro, che, invece, fu condizionato dal forte isolamento geografico.

L’organizzazione dello spazio, attraverso le forme dell’architettura insediativa e produttiva, influenza la vita e il comportamento delle popolazioni.

Pertanto le opere architettoniche presenti sul territorio sono testimonianza, nella loro materialità, degli usi e delle tradizioni culturali dell'epoca in cui sono state realizzate.

Ambienti tipicamente alpini, come quelli del Piemonte, o ambienti mediterranei come quelli del territorio calabro in cui si stanziarono le comunità minoritarie presentano segni territoriali e paesistici che possono essere esempi di recupero della memoria dei luoghi.

Le tipologie edilizie, l’uso dei materiali e le forme d’insediamento sono in stretta dipendenza dalla conformazione del territorio, da fattori ambientali locali e da altri fattori specifici, come l'epoca storica di costruzione, le esigenze produttive e funzionali.

Nelle zone montuose del Piemonte prevalgono gli ”alpeggi”, mentre nelle zone di pianura le “cascine”.

E i materiali edilizi usati nelle forme abitative è strettamente connesso alla reperibilità degli elementi naturali in loco.

Nell’area montana dell’Ossolano prevale l’uso della pietra (ad eccezione della zona dei Walser in cui prevale l’uso del legno); in altre zone montane, come la val di Susa o il Cuneese, è maggiormente diffusa un’architettura tradizionale basata sull’uso di pietra e del legno insieme. Mentre nelle zone di pianura, ricche di corsi d’acqua, il materiale ampiamente utilizzato nelle costruzioni è l’argilla.

Nella zona dell'Alessandrino sono presenti le “trunere”, costruzioni in terra battuta. In molte aree agricole pianeggianti e montane si trovano i tetti in paglia di segale; della zona del basso Monferrato sono tipici i soffitti in gesso; inoltre, la pietra da “cantoni”, molto dura, è molto usata per costruire cantine e magazzini per la conservazione dei formaggi.

Caratteristici gli “infernot”, scavati direttamente nella pietra per garantire una migliore conservazione dei prodotti alimentari a basse temperature. 

Anche i prodotti tipici enogastronomici, derivanti da vicende storiche e da usi consolidati nel tempo, oltre che dall’ambiente, sono beni culturali, nei loro valori materiali e simbolici, da conoscere e tutelare, rispetto alla definizione delle identità territoriali locali.

Nelle zone di montagna prevale la produzione di formaggi stagionati come la “toma”, alimento tradizionalmente confacente ad un regime alimentare povero e bisognoso di prodotti ricchi di proteine, facilmente trasportabili e in grado di conservarsi a lungo. In pianura si producono maggiormente formaggi freschi e grassi, come il “gorgonzola” e le “robiole”. In val Germanasca e val Pellice si produce il tipico “Seirass del fen”, formaggio legato alla storia valdese. Nella cucina valdese l’uso del fieno, ottenuto da un'erba particolare, una “festuca” che cresce soltanto in alta montagna e che ha la funzione di mantenere morbido il formaggio, proviene dalla tradizione culinaria di derivazione mittel-europea.

In sostanza, l’allevamento delle greggi e l’uso della transumanza ha rinsaldato i legami tra popolazioni occitane italiane e francesi.

      Il patrimonio delle pratiche sociali, sia nelle ritualità di trasformazione dei prodotti, così come nei riti religiosi, racchiude un variegato panorama di esperienze aggregative che costruiscono, rielaborano e mantengono un legame tra quel territorio e le antiche tradizioni.

Numerose rappresentazioni rituali affondano le loro origini nella storia locale del territorio.

“La piov e la fai soulelh” è un raro esempio di canto in lingua d'oc, raccolto in Calabria a Guardia Piemontese in provincia di Cosenza, in cui vive la storia e la cultura delle comunità valdesi.

Le sacre rappresentazioni della Passione di Cristo, i carri cerimoniali delle feste patronali, presenti nell'area collinare dell'Astigiano e nella fascia pedemontana cuneese, la celebrazione degli “animali mitici” (orso lunare e uomo selvatico) durante il carnevale occitano, la “danza delle spade” che sopravvive ancora in pochi Comuni montani della Val di Susa, risalgono alle antiche tradizioni delle comunità contadine, legate ai cicli agrari con pratiche propiziatrici e di ringraziamento.

Tuttavia, queste manifestazioni festive non sono in uso nell'area valdese, in alcune valli alte del Cuneese, nell'Alta Langa, nel Giarolo, nell'area di confine tra il Piemonte e la Val d'Aosta e nella pianura settentrionale di Vercelli.

Questo patrimonio di saperi tradizionali, composto anche di processi produttivi, usi, costumi e tratti etnici locali, necessita di tutela e promozione, oltre che di un approccio storico-antropologico alla lettura del patrimonio (letterario, soprattutto) che sappia individuare le forme del patrimonio stesso, in termini di risorsa dinamica, per la costruzione di una memoria storica e di un’identità contemporanea.

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