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EREMOS

VIAGGIO NELLA CALABRIA BASILIANA

il nuovo libro di Enzo Cordasco

Ediz. Arte26 - 2021 

 


Prefazione di Maria Zanoni

Il viaggio di Enzo Cordasco continua...sempre nuovo, mai scontato, e già dal titolo invita alla scoperta e suscita il desiderio di seguire lo scrittore per vivere insieme a lui nuove esperienze. E', soprattutto, un percorso che guida il visitatore a scoprire la vera anima della Calabria, quella più autentica, bella, che si coglie guardando con occhi diversi questa nostra terra "amara".
Ogni libro è un viaggio - e lo dico con convinzione - nonostante può sembrare un’affermazione banale. Un libro è un'esperienza che ha sempre un peso determinante nella nostra formazione umana, soprattutto se, come questo percorso di cultura e di fede, di pace e di silenzio, attraverso luoghi dello spirito, spesso sconosciuti, abbandonati da tempo, ma di straordinaria suggestione, ci permette di ritrovare la nostra vera natura, dal profondo del cuore, lontano dalla frenesia, dalle ansie e dalla paura di un futuro incerto nel nostro tempo.
E lo scrittore ama condividere l'esperienza, con tutte le sensazioni, le emozioni ed i ricordi suscitati dai luoghi e preferisce dialogare non solo con i lettori, ma anche con amici cari, che coinvolge nella narrazione. Una tecnica narrativa che richiama il teatro, in cui il nostro Dramaturg è esperto e non improvvisato, che dà valore al racconto, rendendolo più gradevole, più vivo, più "vissuto". E così il testo-viaggio comunica ad ampio raggio, fondendo in un rapporto dinamico, con magnanimità ed eleganza, l'io narrante con la guida che narra. Dunque, la competenza narrativa dello scrittore supera l'aspetto analitico-descrittivo e diventa coinvolgente, incontro di anime che assaggiano l'emozione-illusione di non sentirsi sole nel viaggio della vita.
E l'esperienza fa riflettere sull'interrogativa retorica di Marguerite Yourcenar: “Chi sarebbe così insensato da morire senza aver fatto almeno il giro della propria prigione?”.
Seguendo Enzo Cordasco nel "cammino basiliano", troviamo borghi di una ricchezza artistica e culturale immensa: offrono la possibilità di godere di paesaggi naturali incantevoli dal mare ai monti, conoscendo grotte eremitiche, laure e cenobi frequentati dai laboriosi monaci basiliani, chiese e monasteri, a volte ridotti a ruderi dall'abbandono, ma anche i beni archeologici, storici, i beni materiali e immateriali, tutti segni del tempo, espressione delle diverse tradizioni e presenze storiche e religiose di Calabria, testimonianze del nostro millenario passato. E Cordasco, giustamente, non dimentica l'intensa e rigorosa attività di scoperta di due grandi ricercatori della Calabria bizantina, Paolo Orsi e Biagio Cappelli, senza i quali molte pagine della nostra gloriosa storia non sarebbero state scritte.
Sul percorso "da Oriente ad Occidente" Cordasco fa delle scelte, adatte alle personali esigenze di un "viaggiatore-intellettuale" che traccia un interessante percorso che possa arricchire, emozionare e trasmettere hésychia, come pace interiore, rigenerazione.
Tra le pagine scopriamo ogni volta il suo animo sensibile, la sua umanità, nel trasmettere saperi ed emozioni. Grazie per questo nuovo viaggio ed auguri, Enzo, nell'attesa di nuovi orizzonti.

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POSTFAZIONE di Donato Antonio Loscalzo

Enzo Cordasco sa guidare il lettore attraverso la geografia della memoria e la topografia delle suggestioni. Quello che racconta non è solo un viaggio nel tempo e nei luoghi di una Calabria remota e presente, profumo di incenso e di sughi di capretto: è un viaggio tridimensionale tra l’anima individuale e quella cosmica. Un percorso religioso, in cui la ricerca della verità si squaderna laica e irriflessa, e per questo, forse, ancora più spirituale.
Si viaggia in luoghi che conservano storie, racconti e miti stratificatisi nel tempo. In questa guida siamo accompagnati, attraverso l’intelligenza delle emozioni, alla evocazione di un passato che si annida tra pietre e colori, intagli di rocce e mattoni. Un profondo senso di religiosità, insieme a una ricerca delle sue manifestazioni, avviluppa l’occhio attento del viaggiatore contemporaneo in bilico tra reperti, ruderi, ricostruzioni e immagini.
Come succedeva a un pellegrino medievale, curioso di attingere ai vari livelli della vita e della cultura, sono sollecitati tutti i sensi, dalla vista all’olfatto, per poi approdare a un sesto senso, una ridda di impressioni indefinite che si iscrivono in questi luoghi rocciosi che declinano sul mare. Questi itinerari, infatti, hanno il sapore di un percorso iniziatico: l’estasi della contemplazione ci porta in esistenze all’apparenza negate, ma ricche di vita. Ci conduce al mistero del monachesimo, alle rinunce dei tanti, soprattutto uomini, che hanno abbandonato nei secoli la vita del mondo per accedere a una dimensione in parte innaturale, in parte assoluta, ma fondamentalmente attenta a trovare il trascendente nell’immanente.
Le architetture, le icone, le tradizioni bizantine affiorano in una icasticità nuova, quasi spontanea, come tesori ritrovati per caso o per affannosa ricerca, tra lo stupore infantile e il sapere disincantato della maturità. Si viaggia nelle vertigini dei monti e con lo sfondo del mare, per vie tracciate da anni e anni di cammini, ma l’obiettivo è cercare l’umanità nascosta nelle pieghe di quello che pure è stato un vivere quotidiano e abitudinario. Si approda a un’umanità altra, fatta di rinunce sul piano temporale, ma di acquisizioni perenni attraverso la preghiera e la solitudine.
In genere, quanto meno si è credenti, tanto più si osservano e si studiano questi fenomeni con particolare dedizione, curiosità e interesse, talvolta vero rispetto. Negli anfratti della natura e della storia, i monaci hanno impresso un’umanità dedita alla conservazione e alla perpetuazione di modelli di vita che attraggono per la loro valenza eterna. Quelle costruzioni ancora sorridono di quiete, litanie, essenzialità. Sono anche custodi di leggende che rivelano una semplicità di approccio al divino, un mito di fondazione elementare che sfocia però in riti compositi, canti, danze e ritrovarsi in festa.
Una caratteristica di questa guida d’autore è la capacità narrativa.
Raccontare significa rendere visibile l’invisibile, ma questo è un raccontare in forma dialogica, una scelta che risente forse dello stile di Platone, per cui l’acquisizione della verità emerge da un confronto dialettico con chi di volta in volta è più esperto o più informato. È una drammatizzazione, una forma di teatralizzazione, che restituisce maggiore vivacità, indelebile e icastica, ma allo stesso tempo definisce un ritmo incalzante, l’urgenza di confrontarsi sui temi della storia generale e della memoria individuale.
Le notizie storiche e archeologiche sono filtrate da un’interlocuzione ricca e a tratti venata di nostalgia. Si cede volentieri ai racconti di storie che si annidano in questi 955 km di arte e bellezza: un viaggio dantesco tra un’umanità dolente e fiera, ingenua e orgogliosa, sognatrice e affranta. E la grecità affiora in questi incontri con esperti, di volta in volta disposti a fare dono del loro sapere, anche nei tanti toponimi e ipostasi divine che parlano ancora la lingua che, come osserva F. Nietzsche, Dio scelse per raccontare la sua nuova alleanza con l’umanità.
Un’altra caratteristica è l’autobiografia. I percorsi attraversati sono anche scenario della vita vissuta in quei luoghi dall’autore, tra memorie impresse e colori ritrovati, tra poesia descrittiva e nostalgia. Una carica emotiva coinvolge il lettore, consentendogli di entrare nell’animo di chi respira questi scenari, ne coglie i sapori, le variazioni del destino e la linea del cuore. Traspira in queste pagine un mondo antico ma vivo nelle tradizioni, negli affreschi, nella lingua. Il mito antico della “Magna Grecia” si inarca in storie bizantine, filtrate dal Cristianesimo orientale, dalla fuga dei monaci dall’iconoclastia. Con il filo di questa narrazione venata di profondo lirismo, ritorna a noi vivo il mistero perenne, che attraversa la Storia, le corruzioni del tempo, le onde del mare Jonio e le pagine di Cordasco.


Prof. Donato Antonio Loscalzo
docente di Lingua e Letteratura Greca
Università degli Studi di Perugia 

 
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DALLE FALDE DEL POLLINO ALLE SPONDE DEL PIAVE

di Gaetano Maria Bloise

Edizioni Centro Cultura e Arte 26 - anno 2018




"Ai ragazzi del '99 di Castrovillari che parteciparono alla grande guerra".

Un prezioso volume edito nel Centenario della Grande Guerra 1914-2018, con il Patrocino del Ministero degli Interni.
Una ricerca minuziosa dell'Avvocato Ninì Bloise con il preciso intento di non dimenticare i giovanissimi militari - i ragazzi del 1999 - che appena diciottenni vennero arruolati per combattere nella Prima Guerra Mondiale, pagando un enorme contributo: la sola Calabria ebbe ventimila caduti.

Un libro per non dimenticare.

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SOLSTIZIO SUL PIAVE - Ettore Manes ritratto di un eroe
di Claudia Rende

Edizioni Centro Cultura e Arte 26 - anno 2014


Presentazione

Il saggio delinea la figura del Capitano castrovillarese Ettore Manes, caduto a Fosso Palumbo (Treviso) nel 1918, a soli 24 anni, pluridecorato per meriti militari, spirito eroico, amante della Patria e grande esempio di nobiltà d'animo.

Egli scrisse una pagina di storia tragica dell'Italia in un conflitto nel quale la Calabria si è distinta tra le regioni con il maggior numero di mobilitati effettivi (78%) e, purtroppo anche di soldati morti, segno tangibile dell’entusiasmo e del senso del dovere delle regioni meridionali, che hanno pagato con il sacrificio delle loro genti l’impegno unitario

Nel volume, corredato da foto d'epoca, ogni singolo documento è contestualizzato nell’esperienza di guerra di un soldato esemplare, che può essere da stimolo per promuovere la conoscenza della storia tra le generazioni più giovani e valorizzare il patrimonio storico di luoghi e memorie della prima Guerra Mondiale.

Dopo una sintesi delle vicende della grande guerra, che portò importanti novità in campo strategico-militare, come i mezzi blindati, i gas asfissianti, le mitragliatrici, il saggio mette in evidenza le atrocità del conflitto, gli stenti dei soldati nelle trincee, l'elevato numero di morti, dispersi e feriti.

Insomma, l’evento che avrebbe dovuto rigenerare la società italiana e europea, sembrò aver prodotto l’esatto opposto.

 

Cosicchè oggi ricordare quella atroce esperienza può servire a far riflettere sul valore della pace, per sfatare il mito dell’"esperienza di guerra", secondo il quale la nazione acquistava un carattere sacrale e religioso e il sangue dei caduti appariva un giusto tributo.

La ricerca è incentrata sulla contestualizzazione della storia locale in quella generale, lasciando parlare le tracce che fanno la storia, con l'obiettivo di ricordare la guerra, per costruire la pace.


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DENTRO LE VOCI

di Angelo Biscardi

Edizioni Centro Cultura e Arte 26 - 2017

 

 

PRESENTAZIONE di Arcangelo Badolati

  

Un sogno coltivato sin da bambino: raccontare la storia sportiva, sociale e politica della propria città sulle pagine di un grande quotidiano. Un sogno che Angelo Biscardi ha coronato

grazie all’abnegazione, ai sacrifici e alla passione mostrati in

questi anni, da quando è diventato giornalista e collaboratore della

Gazzetta del Sud.

Prima ha cominciato seguendo le imprese della

squadra calcistica del cuore – il Castrovillari – poi s’è lanciato

nell’agone amministrativo e politico approdando, infine, al delicato

settore della cronaca nera e giudiziaria. Cronista imparziale e

attento osservatore della realtà castrovillarese e dell’intera area del

Pollino, Angelo ha trasformato la sua “passionaccia” in una ragione

di vita. E così, giorno dopo giorno, armato della sua inseparabile

macchina fotografica ha seguito gli eventi che hanno segnato la

storia di questo pezzo della Calabria Citra. Mai una sbavatura,

mai una sterile e inopportuna presa di posizione: Biscardi rientra

nel novero dei giornalisti di razza, quelli che scovano la notizia

e la raccontano ai lettori senza infingimenti, sconti o ritrosie.

 

In questo libro s’inseguono momenti di cruciale importanza per la

comunità civile: dalla storica venuta del Papa nel 2014 alle mille

battaglie condotte in difesa del lavoro e dell’ambiente, fino alla via

crucis della chiusura del viadotto “Italia” lungo l’autostrada del

Mediterraneo. Biscardi ha sempre fedelmente ricostruito ogni fase

dei singoli eventi, facendo emergere sentimenti, passioni, dolori

e felicità, ricavandosi di diritto un ruolo nella storia della società

castrovillarese. Generoso e altruista, s’è sempre posto, anche nei

momenti più complessi, al servizio di Gazzetta del Sud.

Memorabili sono i suoi resoconti calcistici, in grado di toccare il cuore della tifoseria rossonera.

Se c’è una cosa che non possiamo perdonargli è proprio la sua esagerata fede per i “lupi” del Pollino, che diventano

<invincibili> in caso di successo e <sfortunati> in caso di sconfitta.

Mai un solo cenno alle polemiche che pur avvelenano spesso

il mondo del calcio. Commovente il ricordo, nel libro, di due

personaggi le cui vite si sono incrociate con le vicende di questa

terra: il maestro Luigi Le Voci e padre Adolfo Della Torre. Due

simboli, ciascuno nel proprio campo, di attaccamento agli ultimi

ed agli indigenti. Angelo è una insostituibile risorsa, un patrimonio

prezioso per il nostro giornale e, di conseguenza, per la comunità

del Pollino.

 

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NELLA TUA NUDA E SOLITARIA STANZA

Dialogo immaginario con Vincenzo Padula

di Enzo Cordasco

Edizioni Arte26 - 2015 

 

PRESENTAZIONE di Maria Zanoni

La Collana Percorsi Mediterranei si arricchisce del saggio di Enzo Cordasco "NELLA TUA NUDA E SOLITARIA STANZA", in cui sta il Mediterraneo della parola, alla ricerca dell'anima, il Padula dei linguaggi ritrovati nel Mediterraneo vissuto.
Giacchè, ...gli studi forti sono propri dei calabresi... affermava lo stesso prete-scrittore, che dipingeva personaggi inquieti ed inquietanti, trasudanti desideri, paure, ansie di romantica spontaneità, ricca di simboli e allegorie, ispirati da valori di uguaglianza, solidarietà e giustizia.
L'animo sensibile e ispirato di Enzo Cordasco, Autore/Attore/Critico teatrale sulla scena poetica del Padula, ci porta per mano nel mondo degli umili, dei contadini sopraffatti e rassegnati, o ribelli contro ingiustizie e soprusi, valorizzando il Dialetto, la lingua madre, che dà plasticità alle immagini e dispensa emozioni, valori, sapori, insomma, è lo specchio della reale condizione del mondo contadino.
Enzo Cordasco ci fa gustare i versi di Vincenzo Padula, trasportandoci in una dimensione surreale, in cui si avvertono «i suoi sentimenti democratici, la sua umanità di poeta, la sua illuminante attenzione di sociologo per “lo sfasciume pendulo sul mare”».


L'AUTORE

ENZO CORDASCO, nato a Francavilla Marittima, in Calabria, vive a Perugia. Dopo gli studi superiori classici e la laurea al Dams dell’Università di Bologna in Storia, Critica del Teatro e Drammaturgia, si specializza in Arti dello Spettacolo e della Moda e Comunicazione della Cultura nelle Università di Bologna e di Siena, e in Management Artistico all’Università Cattolica di Milano. Ha lavorato per anni con il Teatro di Sacco di Perugia, in qualità di Presidente e Responsabile organizzativo, e con altri organismi di Teatro Contemporaneo con i quali si è occupato di scrittura creativa e scenica per workshop teatrali e per spettacoli professionali. Ha scritto anche saggi, testi poetici e di critica teatrale in vari blog e riviste (Micropolis, Umbria Contemporanea, Hystrio, etc.).

Cura il Laboratorio Yourcenar Perugia, divulgando l’opera della scrittrice, soprattutto la produzione drammatica, in chiave performativa. È socio e collaboratore culturale del Centro Internazionale Antinoo per l’Arte e Documentazione Marguerite Yourcenar di Roma, di cui cura e coordina la sezione perugina.


Ha pubblicato:Un Teatro di voci e di ombre: Marguerite Yourcenar sulla scena, CRACE Perugia, 2009, le raccolte poetiche e saggistiche Di roccia e di vento. Le donne ardenti della Yourcenar. Aletti editore, 2013, e Fulgide luci dello Jonio: un memoir tra poesia e teatro. Aletti editore, 2014, una silloge di 7 poesie nell’Antologia Riflessi, Pagine editrice, Roma, con audiolibro su www.poetiepoesia.com e Voci dal timbro incerto: 15 poesie sulla diversità contenute nell’Antologia Apeolite, Aletti editore, 2014 (volumi cartacei e relativi e-book). Collabora con Fondazioni e Associazioni culturali in Umbria e in numerose regioni italiane, tra cui il Teatro Dioniso di Brescia.

Fa anche parte, come socio attivo, della SIEY Société Internationale d’Etudes Yourcenariennes (Clèrmont-Ferrand/Tours) e del CIDMY Centre International de Documentation Marguerite Yourcenar (Bruxelles).

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GESU' CRISTO

Fascino e follia dell'Amore

 

di  Adriana De Gaudio - don Carmine Scaravaglione

 edizione Arte26 - 2010 -

 

Prefazione di S. E. † Vincenzo Bertolone, Vescovo di Cassano

 

Il card. Newman diceva che nessuno può prevedere l'avvenire, (con buona pace degli astrologhi imbonitori e di tutti quelli che - tanti! - si lasciano imbonire) certo, l'avvenire non si può prevedere però è possibile definirne la struttura. Quanto alla Chiesa, il suo avvenire e sviluppo poggia sul mistero della morte e resurrezione di Cristo: sulla ricchezza della Tradizione, sulla Liturgia, sulla pratica religiosa, sulla pietas e sulla religiosità popolare.

Fin dal XIII secolo c'era l'uso di esprimere la compartecipazione alla passione di Cristo facendo un percorso che in qualche modo riproduceva la via dolorosa ascesa, ricreando le situazioni narrate dagli evangelisti, dalla preghiera del podere del Getsemani, dopo la santa cena pasquale, al bacio di Giuda come segnale alle guardie di arrestare Gesù, al processo, eccetera fino all'epilogo tragico della crocifissione, seguita però dalla gloriosa risurrezione.

 

Tradizionalmente ciascuna pagina dolorosamente rievocatrice viene chiamata "stazione". In questo modo l'imitazione ha il sopravvento - per quanto si faccia - sulla meditazione. Basti pensare che nel Trecento le stazioni erano 47! Questo perché la Chiesa era incline a recuperare tutte le leggende (cadute, Veronica, eccetera). Le 14 stazioni classiche risalgono al XVI secolo, e tuttavia dovrà passare un altro secolo per avere non solo le 14 stazioni (che tuttora conosciamo e percorriamo), ma anche con la stessa successione e tipologia di episodi. Non è detto, nonostante ciò, che così com'è oggi questo "pio esercizio" non possa e non debba essere modificato. I

nfatti, se lo scopo è quello di mettere in risalto gli insegnamenti più profondi della passio Christi, allora sarà auspicabile apportare alcune significative modifiche togliendo qualche episodio (vedi sopra) e sostituendolo con qualche lettura di brani appositamente scelti: meditazione e contemplazione se ne avvantaggerebbero. Inoltre, sarebbe apprezzabile che venisse privilegiato il nesso tra Passione e Resurrezione con l'inserimento di alcune stazioni che, sottolineando la vittoria di Gesù sulla morte e sulla sofferenza, diano una visione più unitaria del mistero pasquale ed al significato della vita umana redenta. Il libro scritto a quattro mani dalla De Gaudio e da mons. Scaravaglione riflette la Via Crucis che tutti conosciamo.

 

La divisione dei compiti, tra i due Autori e, quindi, della visuale dell'approccio e dell'apporto al tema, è congeniale ai rispettivi saperi e ruoli: la prima si è occupata dell'aspetto iconografico della Passio, il secondo spiega (catechisticamente ed omileticamente) le pagine del Vangelo o appartenenti all'immaginario, storico (ma comunque presenti nella Via Crucis da secoli, come detto), sempre avendo riguardo per la prima parte del libro, anzi citando continuamente la De Gaudio. Il risultato è doppiamente vantaggioso per i lettori (che spero siano numerosi) i quali vedono "servirsi" contemporaneamente storia dell'arte e spiritualità religiosa, presente quest'ultima nella maggior parte dei pittori della cui produzione la De Gaudio ha tratto le opere composte da essi per illustrare il fatto evangelico.

 

Come ogni scelta, specialmente in ambito artistico-letterario, anche questa è ovviamente personale e così ella ha ritenuto di poter rinunciare a Duccio di Buoninsegna e Masaccio; ma, ripeto, quando il criterio è soggettivo non c'è neppure da discutere. 1 pittori da lei scelti sono 19, di cui 5 moderni o addirittura contemporanei/ viventi, come il calabrese Schettini Montefiore. La sua fatica si è estesa anche ad un interessante excursus sul tema specifico della crocifissione, coprendo un arco di diciotto secoli: da una parete graffita da una mano ignota fino a Chagall e Guttuso. Tutto ciò denota molta dedizione ed altrettanto scrupolo e competenza. Concludo questa prima parte con un testo di Natalia Ginzburg: “Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte.

 

Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l'immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo". Quanto alle altre due mani, debbo affettuosamente smentire mons. Carmine Scaravaglione quando nell'Introduzione dichiara che si limiterà a "riflessioni veloci per non appesantire la lettura".

Ma sono ben lieto di smentirlo perché se spesso ha indugiato, donandoci qualche bel pensiero in più, ciò va a tutto vantaggio del saggio e dell'opera nel suo insieme. Sono d'accordo con Lui che i pittori (gli artisti in genere) accostandosi a Cristo lo hanno fatto per "cercare di capire [...] le altezze infinite [...] senza pretendere di potere esaustivamente "bucare il mistero". Ciò che conta è che l'uomo (artista o non) non resti indifferente alla passione di Cristo, che l'ha affrontata e subita proprio per noi uomini, perché fossimo redenti "Se il peccatore - scrive mons. Carmine - sente che la sua anima si sconvolge dinanzi alla prova di tanto amore, allora è iniziato il processo della sua conversione.

 

Se resta indifferente, neanche l'amore di Dio lo potrà salvare. Perché ogni uomo si redime nel dolore di Gesù". La comprensione del mistero della Croce è un mezzo privilegiato di redenzione. In unione intima con Gesù, che libera e promuove l'uomo soffrendo e morendo, anche l'uomo deve patire, deve metterci qualcosa di proprio. Deve, ad esempio, alla luce di un preciso insegnamento della Scrittura (di S. Paolo in particolare) accettare di completare nella propria carne "quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del Suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24); l'uomo deve, altro suggerimento, accettare l'eventuale invito a "condividere" la vita di chi oggettivamente sta peggio, materialmente e/o spiritualmente. In questo senso va interpretata e vissuta, quando si è chiamati a percorrerla, la Via Crucis.

 

Dobbiamo ogni tanto sentirci, più che Veroniche, dei solidi Cirenei, che - come congettura mons. Carmine - è stato prima obbligato dai soldati romani, poi non si è fatto pregare due volte. Piero Bargellini, figura di intellettuale e uomo delle Istituzioni di prim'ordine (ce ne avessimo oggi!) tra le oltre 60 opere uscite dalla sua penna, pubblicò nel 1969 un aureo libro dedicato ai ragazzi (fiorentini e non) nel quale parla in modo talvolta un po' romanzato di "personaggi" della Passione. Del Cireneo, appunto, scrive: "Uomo prendi quel legno e aiutalo a rialzarsi. Non me lo feci dire due volte. Aiutai l'infelice a rialzarsi, presi la trave e senza sforzo la portai fin sulla sommità del monte. Qui giunto, non mi volli fermare. [...].

Ma prima d'allontanarmi volsi lo sguardo verso il condannato. Mi sorrise e io mi sentii le ginocchia tremare. Tornai a casa. Quando dissi ai miei figlioli Alessandro e Rufo di quel sorriso, si guardarono commossi. In seguito essi si fecero cristiani" (Lui, Vallecchi, Firenze, 147-148). Il Cireneo pur vivendo nella città dell'uomo già mette dei mattoni per edificare quella di Dio. Bella la citazione di S. Agostino: "Due amori fanno queste due città: l'amore di Dio edifica Gerusalemme".

 

“L'amore del mondo edifica Babilonia”. L'uomo è immemore oppure nega Gesù, ovvero ne accetta solo la dimensione e la sfera umana. Quindi niente morte, niente resurrezione, niente morte e redenzione. Niente Cristo insomma e niente Luce. Eppure per questo inesistente "Figlio dell'Uomo" morirono i primi discepoli - sono parole di mons. Scaravaglione -, morirono come testimoni lungo i secoli, milioni di uomini e di donne, vecchi e fanciulli "e la sua presenza [...] resterà come presenza reale che si dimostra nella fede". Quella fede che per la De Gaudio non è altro che la Croce, che dopo avere "sognato a primavera" ed essere "parsa poi nuda/ di legno sacro", ora porta "dentro ogni giorno", dopo che il legno è "rinverdito". Con questo pensiero poetico di speranza è giusto concludere la prefazione.

 


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