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storia dei flagellanti


 

storia dei flagellanti

eredità dell'antica missione religiosa ed evoluzione dei rituali


La missione religiosa

 

Il termine disciplinati e il suo omologo battuti, riferito ad una comunità di laici, più che riferirsi ad uno specifico soggetto religioso, allude ad uno stile di vita spirituale sperimentato in ambito associativo. Mentre ad esempio i Francescani e i Domenicani hanno sempre riconosciuto precise

Regole e discendenze, la presenza di tali appellativi nel nome di una confraternita non autorizza a pensare che essa sia necessariamente derivata dal movimento originario del 1260, né che abbia osservato particolari modelli di vita e di comportamento.

Ciò comunque nulla toglie all’immagine e al ruolo di Raniero Fasani, per lungo tempo carismatico in tutto l’ambiente dei Penitenti. Lo prova la tela rinascimentale che adorna l’altare dell’oratorio bolognese di Santa Maria della Vita, dipinta nel 1564 dal maestro Giovan Francesco Bezzi detto il Nosadella. A tre secoli di distanza dalla sua missione, il Beato umbro viene proposto ai piedi della Madonna, in un’immagine che mira ad unire idealmente la pratica della sua flagellazione con la passione di Cristo; ed è confortato dai Santi Apostoli Giacomo, Pietro e Paolo, assieme a San Girolamo, considerato il padre della Chiesa di lingua latina.

Le nuove associazioni avevano però alcuni caratteri peculiari comuni tra i quali la laicità dovuta non tanto allo status dei loro membri, che non erano preti, quanto invece alla volontà di praticare una vita religiosa autonoma rispetto al clero soprattutto secolare.

 

 

  

Dipinto di Giovan Francesco Bezzi detto il Nosadella (1500-1579):  Raniero Fasani impugna la disciplina

dinnanzi alla Madonna con il Bambino, alla presenza dei Santi Giacomo, Pietro, Paolo e Girolamo. (Pala

dell’altare del Santuario bolognese di Santa Maria della Vita, già oratorio disciplinato di San Vito).

 

 

  

Animati da questo spirito, i Disciplinati iniziarono a diffondere presso ogni classe sociale le pratiche in precedenza svolte in ambienti ristretti quali gli eremi, i monasteri, i conventi. Nel loro piccolo oratorio, diventavano i protagonisti della funzione in reale contatto con Dio, liberi dal pregiudizio secondo cui l’unico modo di vivere autenticamente cristiano fosse quello clericale e monastico: la santità poteva essere raggiunta anche attraverso la quotidianità trascorsa in famiglia e nel luogo di lavoro.

 

Di conseguenza, essi superarono la radicale distinzione esistente tra una classe sacerdotale padrona del culto che faceva la liturgia con pompa, alterigia, linguaggio oscuro, e la gente umile, invogliata a vedere nei santi l’unico esempio concreto da imitare. Riuscendo a dimostrare che la riforma del vivere cristiano non era perseguibile solo con la fuga mundi praticata dai monaci, né tanto meno attraverso la contestazione promossa dagli eretici, bensì con l’associazionismo e la libera discussione, capace di sviluppare una nuova sensibilità religiosa.

 

In questo senso, i Disciplinati si proposero come una forza innovativa, sotto certi aspetti rivoluzionaria, volta a creare uno spazio ecclesiale alternativo attraverso il quale combattere l’eresia e contemporaneamente riformare la Chiesa: un obiettivo ambizioso, perseguito con atteggiamenti al limite dell’eterodossia, che rappresentò per i Pontefici più di un prezioso elemento di stimolo, a volte un serio problema da gestire.

 

Le Confraternite dei Battuti accoglievano di preferenza uomini adulti laici e avevano diversa opinione sulla possibilità di ammettere le donne, dimostrando una certa coerenza con gli orientamenti generali dell’ambiente cattolico romano.

Non c’è dubbio che all’inizio l’uso della disciplina influenzò l’atteggiamento nei confronti di quello che in età romantica sarà definito il gentil sesso. Agli occhi dei più doveva apparire inverosimile che le donne potessero esercitare violenza su loro stesse, come non potevano andare alla guerra.

 

Fino al ’400, in alcune tra le più antiche compagnie lombarde le consorelle non potevano entrare nelle sale riunioni mentre i mariti e i figli si flagellavano, più spesso erano escluse dalle pratiche più dolorose e cruente.

Questi atteggiamenti non impedirono alle donne di intraprendere proprie distinte strade di perfezionamento come dimostra, a partire dal XIV secolo, la fondazione di scove esclusivamente femminili: dove il termine scova derivato da scopa, lo strumento di pulizia eretto a simbolo di purificazione, risulta essere un sinonimo di frusta e disciplina. Secondo le testimonianze, a metà del ’500 nella sola diocesi di Roma esisteva una decina di sorellanze; in varie regioni d’Italia le Confraternite di Sant’Orsola e di Sant’Anna accoglievano rispettivamente le donne in età da marito e le vedove.

 

Comunque sia, risulta ancora difficile valutare con precisione la presenza femminile nelle confraternite. Dove è possibile un’indagine, pare che già alla fine del ’500 in parecchie città i confratelli e le consorelle tendessero ad equivalersi.

Presso le confraternite miste, le donne avevano spesso un ruolo conforme a quelle che, in una società inequivocabilmente maschilista, erano considerate loro naturali attitudini. A Roma, nella Comunità del Crocefisso di San Marcello alcune facevano le infermiere, una sorta di crocerossine ante litteram; in altre realtà insegnavano, avviavano le giovani al matrimonio, erano addette alle attività interne.

 

Con gli anni, il problema della presenza femminile alle manifestazioni più crudeli tese comunque a risolversi spontaneamente, per il mutamento dei rituali e delle abitudini. Per l’evoluzione dei costumi più che per i divieti imposti della Curia romana, i sodalizi disciplinati iniziarono ad attuare una flagellazione sempre meno cruenta, in forma essenzialmente simbolica, utilizzando spesso inoffensive cordicelle di seta. Ciò è confermato dal fatto che a metà del XVI secolo le confraternite veneziane assoldavano i mendicanti perché si flagellassero alle processioni, onde «...mantenere l’antica devozione che tanto onore porta alla nostra Scuola...».

 

L’usanza doveva essere piuttosto diffusa, se nel 1569 il Consiglio Provinciale milanese ritenne di dover intervenire per vietarla, in quanto «...toglieva alla pratica ogni nobile significato».

I quadri, gli affreschi, le sculture dove uomini e donne appaiono vestiti con un fine abito che lascia intravedere la schiena scoperta, pronta ad accogliere la frusta, sono di epoca tarda; e devono essere considerati delle rappresentazioni volte a celebrare una tradizione in gran parte superata e comunque relegata tra le pratiche individuali di ogni singolo fedele.

Nello sforzo di integrarsi nella società civile, i Disciplinati adottarono gradualmente un abito religioso simile a quello delle altre associazioni laiche diffuse nel Medio Evo, indossato solo in occasione delle manifestazioni pubbliche.

 

Un’ulteriore svolta si ebbe a metà del ’500 quando il Concilio di Trento, celebrato dal 1545 al 1565 come reazione alla Riforma Luterana, provvide a ridisegnare la nuova struttura delle organizzazioni facenti capo alla Chiesa. Tutta la comunità dei fedeli doveva essere rigidamente condotta sotto il magistero romano, senza lasciare spazio ad iniziative autonome.

Era inevitabile che tale intransigenza investisse le confraternite, la cui diffusione tendeva ad isolare le parrocchie, riproponendo ciò che era accaduto durante lo sviluppo degli Ordini regolari. Allora, come si diceva, la rete della predicazione si era sovrapposta alla Messa: i fedeli preferivano assistere ai sermoni dei frati piuttosto che alle funzioni dei preti, generando un fenomeno dannoso, che contribuisce a spiegare la competizione a lungo esistita fra il clero secolare e i frati.

 

In particolare i Disciplinati, che si erano sempre mantenuti a una certa distanza dalla gerarchia ecclesiastica, erano più d’altri esposti alla propaganda protestante e dovevano essere meglio selezionati, integrati, ricondotti alla perfetta obbedienza, recuperando quanto di buono potevano ancora produrre per la Chiesa e per la società civile.

 

[…] Uno strumento importante fu rappresentato dall’attivazione delle cosiddette arciconfraternite, già regolamentate da Clemente VI con bolla del 1530. Le arciconfraternite erano organizzazioni di livello superiore rispetto alle altre, con funzioni di coordinamento e controllo nei confronti di quante venivano loro aggregate o affiliate con possibilità di imporre regole, devozioni, modo di vestire... Dato che la maggioranza delle arciconfraternite risiedeva a Roma, l’iniziativa consentì di aumentare la centralità del magistero cattolico.

 

Il decreto riguardante le Confraternite dei Disciplinati, emanato dal Secondo Concilio Provinciale Milanese, è un gioiello di saggezza e perfezione. Esso indica le persone che possono essere ricevute nelle Confraternite; il modo di ricevere i neofiti; gli abiti da indossare; le preghiere, gli esercizi spirituali, l’obbligo dei Sacramenti, le penitenze e le opere pie da praticare. Alla fine, elenca le cariche necessarie per il corretto funzionamento delle comunità.

 

In questa descrizione, necessariamente sommaria, può essere utile ricordare almeno i riferimenti alla flagellazione, qui tradotti ad un linguaggio di immediata comprensione.

«[I fratelli] ...useranno poi le discipline fatte di cordelle, tutte della stessa forma; e, ricordando i flagelli con i quali fu battuto Nostro Signore per le nostre iniquità, si renderanno pronti alla flagellazione di loro stessi, non solo per i peccati propri, ma anche per quelli del popolo. «E faranno questo esercizio tutte le Domeniche d’Avvento e quelle che vanno dalla Settuagesima fino alla Domenica delle Palme e nelle tre domeniche delle Processioni generali ed il Giovedì Santo...

«[...] E perché il Signore apra la Sua misericordia al peccatore, [...] si esortano i fratelli per il nome di Gesù Cristo a praticare anche più spesso di quanto si è detto questa penitenza, salutifera e propria del loro Istituto».

 

Da quel momento, gli statuti dei Disciplinati porranno un accento particolare sull’affiancamento liturgico: la presenza alle Quarantore, di recente istituzione come risposta alla dottrina protestante che negava la reale presenza eucaristica; la partecipazione alle Processioni del Venerdì Santo e del Corpus Domini, alle Rogazioni, alle funzioni festive, ai funerali. La flagellazione verrà relegata nell’ambito delle prescrizioni generali, segno ormai della sua ridotta importanza.

 

[…]  Sono note le leggi promulgate nel 1798 dalla Repubblica Cisalpina, in applicazione delle disposizioni napoleoniche che imponevano lo scioglimento di tutte le istituzioni religiose nei territori dell’Impero. Fu un provvedimento grave destinato a coinvolgere le confraternite, recando un enorme danno culturale e sociale, oltre che religioso.

Dopo il 1815, con la Restaurazione, mentre la Chiesa provvedeva a rilanciare con maggior forza e vigore gli Ordini regolari, le confraternite si riproposero deboli, divise, prive di autorevoli protettori.

Senza illudersi di recuperare il ruolo di un tempo, i Disciplinati cercarono di riproporsi con obiettivi limitati, inadeguati alle esigenze della nuova società: si impegnarono ad essere un concreto esempio di fede, a ravvivare la vita religiosa delle parrocchie, a svolgere una modesta attività caritativa. Se ne ha memoria fino all’ultimo dopoguerra.

 

L’eredità che ci proviene dai Flagellanti va però oltre le manifestazioni locali gradite ai nostalgici del passato. Ad iniziare da Raniero Fasani e giù giù, fino all’ultimo penitente, migliaia di credenti hanno voluto testimoniare per secoli, sulla loro pelle, la passione di Cristo.

Nel Medio Evo l’indigenza, le epidemie, le guerre, avevano abituato la gente a soffrire, mentre l’esempio dei monaci e dei frati esercitava sui fedeli una suggestione oggi difficilmente immaginabile.

 

Ciò non toglie che la vocazione di tanti uomini e donne grondanti di sangue, amanti del prossimo, attenti ai fermenti culturali del loro tempo, abbia rappresentato una delle espressioni più nobili della fede cristiana, che pure è sempre stata ricca di esempi edificanti.

 

  

Abstract da Carlo Fornari - I Disciplinati: una lunga storia di impegno religioso, artistico, sociale.

http://www.storiadelmondo.com/45/fornari.disciplinati.pdf  in Storiadelmondo n. 45, 26 febbraio 2007

 

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