IL SILENZIO, IL SOLE E I RICORDI

 

pubblicato il 28 Dicembre 2014 -   Costume e società

Non bisogna custodire nostalgie perché la vita è un raccontare, restando tra le ore della preghiera e nella bellezza della nobiltà

 

di Pierfranco Bruni

 

È vero i ricordi non sono la vita, ma si può vivere una vita senza ricordi? 

Una volta, in uno dei miei viaggi in Perù, ho trovato scritto su una piano di roccia queste parole: “Sempre è necessario perdonare, perché il perdono ti permette di ignorare la cattiveria e il male. Mai è necessario dimenticare perché l’amore insiste proprio nel momento in cui incontri negli altri il male che si esprime con la cattiveria”.

Ed ecco che ritornano i ricordi di un mattino che è fisso nel labirinto della memoria.

Quel mattino, già giorno, un solo squillo per dare un senso alla mia assenza proprio nel momento in cui la mia presenza sarebbe stata necessaria. Ma il tempo non cancella. Anzi restituisce.

Bisogna essere silenzio per capire i silenzi.

Erano quasi  le 4 del mattino. Tiziana. Io non c'ero! Non so perché si manca sempre agli appuntamenti che poi segnano una vita. Quelli mancati. O forse è soltanto l’immaginario della assenza che diventa un solco d’anima.

 

Ho ricevuto dalla mia antica e coraggiosa amica Maria delle foto, che cerco di penetrare oltre lo sguardo, dove la mia grande casa di paese ha una luce di grandezza. Sono tocchi di memoria. Con mia madre. Maria è la schiettezza che ha sempre la coerenza della sfida.

È la persona che, per amicizia, è stata capace di affrontare, senza mai conoscere la resa e il compromesso, un branco di iene e di serpenti sconfiggendoli. Conosco.

Ci sono amicizie antiche che non vanno via tra le pareti del tempo… Foto mai ingiallite… e  Maria lo sa…

Allora, era stata a far visita a mia madre nella grande casa di paese…

Una visita di quelle non programmate e a mia completa insaputa…

Poi,  mi sono visto arrivare le foto del giardino e altro…

 

La mia casa di paese non è più ricordo e non è fantasia.

È diventata una sottile griglia di simboli che hanno una profonda alchimia. Sono immagini che raccontano una luce attraversata dall’ombra.

Ho trascorso un’intera nottata ad osservarle e ho notato dettagli che non  conoscevo o che erano sfuggiti al mio sguardo diritto quando cammino tra i viali. Non smetto di osservarle. Le foto.

 

Io racconto a me stesso per convincermi sempre più che dalle 4 di quel mattino, da quando il Capitano è partito, non sono più lo stesso... 

Non sono cambiate le parole. Le Parole hanno spezzato la parola per legare il silenzio alla pazienza e il senso di solitudine a quegli occhi che mi hanno cercato proprio nel momento in cui ero io ad essere assente.

Ma arriva sempre il conto da restituire per le assenze incastrate nella vita. Io ho un conto aperto. Ma il dolore e la gioia sono un intreccio inevitabile.

 

Non dormo da due giorni. Ho i pensieri che fuggono e non fanno più gomitoli.

Se non ci fossero i silenzi cosa sarebbe la vita?

Una volta mio padre, mentre sfogliava un libro di piante tropicali, mi ha sottolineato: “Sai, ci sono piante che per crescere hanno bisogno di essere collocate in un luogo dove c’è assoluto silenzio…”.

Non riuscivo ad afferrare, ma è proprio vero.

Soltanto nel silenzio si può raccogliere il Sole e custodirlo. In fondo questo suo pensiero mi ha aiutato a scrivere “Che il dio del Sole sia con te”.

Il silenzio e il sole.

Mio padre non ha mai smesso di coltivare questi sortilegi portati dalla luna d’Oriente.

Mi ritorna un sogno mentre resto sveglio. È un dialogare.

Dice:

“Hai visto? È ritornata una tartaruga...
- È ritornato il passo di una tartaruga e a te sembra che sia la tua tartaruga di una infanzia di giardino ...
Dici? Io vedo una tartaruga...
- Tu vorresti che fosse così ma sai anche che ci sono destini che segnano orizzonti ...
Ma vedo anche la palma, quella che mi accoglieva nell'aprire il cancello del giardino...
- Ecco, tu hai semplicemente cancellato il tempo, ma sai anche che non è possibile. Quel tempo. .. Io ti osservo e ti ascolto...
E allora io dove mi trovo, ti ho accanto, ti tocco. La tua mano è sul mio viso...
- Certo, ci sono... Ma sono un altro tempo e in un altro viaggio... Ti sono accanto, contaci, ma non siamo lo stesso tempo... E non hai bisogno di cercarmi... Io sempre ci sarò...
Non è ritornata una tartaruga? I miei occhi hanno il silenzio. Ora so!”.

 

Le tartarughe?

So cosa possa significare. Questo viaggio che è destino... I ricordi restano, ma io li allontano. Le nostalgie mi infastidiscono. La memoria è immensa.

Mio padre mi avrebbe detto, con la sua nobiltà, e la sua eleganza: “Lascia che la pianta che ho piantato l’anno in cui tu sei nato sia custodita dalla pazienza perché il resto è soltanto schiamazzo. Non affidarti alla nostalgia…”.

 

Rivedo, ora, mio padre in una foto in camicia nera, Maria non voglio provocarti e sai che ti voglio bene e rispetto la tua immensa Storia, ed ha gli occhi lucidi.

La sua giovinezza e il destino della sua e mia famiglia…

Sua e mia… Un Destino di sangue…

Una data. 27 luglio 1943.

Aveva ventitre anni. Anche allora la indossava, la camicia nera. So che l’ha indossata anche quando Piazzale Loreto ha mostrato quella macelleria comunistacattolica con Claretta appesa per i piedi.

Perché questo dire?

Perché mio padre è nella mia Storia Destino in tutto…

Il giardino ha echi dei nostri discorsi.

Il suo parlare lento e il suo smarrirsi quando canticchiava: “Giovinezza Giovinezza…”.

 

Quante volte, gradino dopo gradino, ho corso per quella scala.

Mio padre era il Capitano e mia madre con la sua crostata di albicocca sorrideva guardando la torre del castello. Ma il tempo è vissuto e l’orologio segna un orario che è oltre.

Sto pensando di scrivere un racconto dal titolo: “L’orologiaio che giocava con i numeri”.

 

Ma la vita è fatta di nobiltà e di miserie.

La nobiltà ha sempre il coraggio e la dignità della verità.

La miseria ha la menzogna dei disertori e dei disperati.

Quanta miseria dopo aver rubato, con il trucco delle parole, il cioccolato dall’anima e dalla vita e averlo incartato in fogli consumati di giornali che conoscono le cronache…

Mio padre è la mia nobiltà.

Le lettere ingiallite ricostruiscono. Le metafore sono un’ironia.

La  mia grande casa è destino. Sono parole in libertà… Forse. Ma sono nella libertà del vero…

 

Cara Maria, ricordi quel quadro che mi regalasti negli anni Settanta e che è davanti alla scrivania dello studio della casa del mio paese… Mi ha aiutato a scrivere tante pagine…

In quel tempo amavi Pirandello…

Era il quadro che piaceva tanto a mio padre perché diceva che non dovevi capirlo o interpretarlo, bastava osservarlo… Quegli azzurri celesti grigi chiaroscuri e quel personaggio che cammina piano poi piano poi ancora più piano… Sembrava Don Fabrizio, mi diceva, che tutto ha compreso e va oltre…

 

Di tempo è passato, anche tanto…

Vorrei recuperare soltanto una decisione che continua a non farsi perdonare… e per poter stringere un attimo in più le mani di mio padre tra le mie e accarezzare il suo viso proprio nel momento in cui mi ha cercato…

Vorrei  poter capire il sortilegio che è nascosto nella pietra del deserto che custodisco sulla mia scrivania…

 

Sono stato, in questi mesi, in una città della Romania e ho visitato un monastero ortodosso.

Ho incontrato un sacerdote e mi ha detto: “Porti negli occhi il vento del rimpianto. Per vincerlo devi superare la prima onda del Mar Nero e dialogare con una sola goccia d’acqua…”. 

Poi ho incontrato una donna affascinante, e aveva nello sguardo il mistero, e mi ha detto: “Una volta che hai dialogato con una sola goccia d’acqua il mio amore ti legherà alla bellezza… Custodisci!”.

 

Cosa è accaduto dopo?

L’orologiaio  ha smesso di giocare con i numeri ed io ho tra le mani le foto del mio giardino. L’orologiaio ha nascosto tutti i numeri nel cappello degli zingari…

Quando si perde un appuntamento bisogna avere il coraggio della consapevolezza di averlo perso perché l’indecisione ha vinto… e assumersi le responsabilità di una vita senza più discutere.

Mi ha telefonato Tiziana…

Non dimenticherà lo sguardo di mio padre in quelle notti. Non dimenticherà quei giorni…

La sua voce quella mattina e non c’era bisogno di altre  parole…

 

Poi.

La donna, incontrata in Romania, mi ha detto: “Se dovessi vivere un ricordo sfiora sempre la pietra di sale con le labbra e accarezza le labbra con le tue mani. Fai in modo che le tue dita abbiano tutto il sale possibile. Bagnale con la mia saliva.  Lascia che il sale si asciughi nel sole del tramonto e vai lungo la via della luna del Dio infinito… Così scoprirai il sortilegio”.

 

Tutto questo ha un senso?

Rivedo le foto che mi ha inviato Maria.

La grande casa della mia infanzia è un cammino, le aiuole sono un labirinto, la palma ha il vento tra i rami e la scala racconta…

Un giorno sarà un altro giorno dopo il passaggio della luna nella notte in cui io e mio padre ci siamo raccontati una vita e il raccontare è stato un intrecciare la sua alla mia preghiera…

Perché bisogna trovare un senso a tutto?

Dietro la tenda della stanza sul mare vedo il sole tramontare tra i rami della palma del mio giardino mentre le mie labbra carezzano il sogno della bellezza…

Mentre mio padre non smette di raccontare …

 



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