PREMIO LETTERARIO NAZIONALE TROPEA

 

pubblicato il 24 Luglio 2014 -   Costume e società

 

Tropea vale una festa lunga e con il Premio Letterario

è una Capitale delle culture in terra di Calabria

 

di Pierfranco Bruni

  

Cammino tra i vicoli dell’antica città. Sono giorni di luglio. Il mare è un’onda che ha una schiuma che sembra dialogare con la battigia.

Cosa è un libro?

È fatto di pagine? È fatto di parole taciute. Ci sono le immagini che fanno festa ai fiori che vivono sui davanzali. Gli affacci sul mare portano orizzonti. Ma oltre l’orizzonte ancora mare. Perché il mare qui è di casa. O la casa trova qui il suo mare. Faccio bisticciare i concetti.

Ma Tropea è in festa. La festa del libro. Tanto tempo fa era una scommessa. Poi un rischio. Poi una scommessa e una attesa e poi ancora una sfida. Le sfide si possono anche perdere. Ma qui il coraggio ha vinto.

Chi ha creduto sin dall’inizio a questo viaggio è stato il mio amico Pasqualino Pandullo, e un piccolo sodalizio di amanti delle parole taciute e pronunciate con amore, che conosco dai tempi di quando usciva il quotidiano “Oggi Sud”.

Ci sentivamo spesso per telefono. Allora non c’erano le email. No. Forse c’erano ancora i cosiddetti fuorisacco… Pasqualino ha scommesso e ha vinto.

Perché Tropea vale una sfida, e una festa come direbbe il mio Ernest de “Il vecchio e il mare” tanto caro a Berto, e un coraggio sulle vie della cultura. E ci siamo. E il Premio ancora sfreccia con un immaginario di luoghi e di linguaggi.

Sì, ci siamo! Così Tropea si veste di libri nei giorni di sabato 26 e domenica 27 luglio prossimo. Tropea ha la bellezza che ti viene incontro. Non devi cercarla. Sarà lei a cercati. Come una dea o una musa o una terra che non dimentica.

Il suo Premio letterario, giunto alla Ottava edizione, avrà due serate di intenso confronto e si parlerà di culture e soprattutto di letteratura.

La città del mare che ascolta i tramonti e i luoghi che Giuseppe Berto, a un volo di aquila da Capo Vaticano, ha scelto per viverci oltre le disarmonie e per restarci tra i giochi ovattati dell’infinito sino all’eterno.

Qui, in questa terra di una Calabria che recita le onde greche e quelle latine, rubando a Pascoli una chiosa dedicata al mare di Reggio e di Messina, la letteratura è diventata una “parlata”.

Con il “calabrese” bisogna parlare in silenzio, ci ha insegnato Corrado Alvaro, perché ha bisogno di toccare le parole e non solo di ascoltarle e di sentirle. Serate intense che sempre lasciano il segno.

Io ormai sono di casa e qui ritrovo una terra e una amicizia che sa di antichi sapori e di coralli, di onde sbattute tra i muretti e lune di fuoco che cadono a picco sui tramonti. Nelle sere con il vento del porto la voce sa di letteratura.

I premiati di quest’anno raccontano e cercano di decifrare simboli, realtà, immagini. Antonio Moresco con “La lucina”, (Mondadori),  Chiara Valerio con “Almanacco del giorno prima” (Einaudi) e Sandra Petrignani con  Marguerite” (Neri Pozza).

La Calabria è anche il Premio Tropea! Il Premio Tropea è una ricchezza che riporta a scenari immensi. Mi ha folgorato una stella che ha inciso un tracciato tra le linee del cielo. L’ultima volta che sono stato a Tropea. Al porto. Ma di letteratura bisogna discutere. Discuterne! Discutere di letteratura ma in modo più complessivo di culture e di libri significa aprire una finestra sul mondo.

Tropea è la capitale calabrese, e direi del Sud, della cultura. È naturale che si dia un giusto riconoscimento. Otto edizioni, con stile, eleganza e come si dice in Calabria, con garbo non sono poche. Ma Bisogna insistere e resistere.

La cultura vive anche di agguati, ma bisogna adottare una tecnica sciamana. Silenzio e nell’intendo delle vie del cuore e dell’anima tracciare il solco nei deserti che sono camminamenti.

Tropea si può ben candidare ad essere la capitale della cultura in una Regione che radici e direttrici. Ma una capitale che non abbia voce soltanto due o tre giorni all’anno. No. Andare avanti. Io ho trovato una bella realtà. E poi il Sistema bibliotecario vibonese è una consistenza importante.

Di esperienza nel campo istituzionale ne ho, e anche tanta, soprattutto per gli anni che porto. Ma la celerità e la serenità e l’amore con i quali il Sistema vibonese opera e si confronta non l’ho trovato in alcun altro mio viaggio. Posso dirlo perché ho avuto delle esperienze proprio alcuni mesi fa quando stavo per finire il mio libro su Giuseppe Berto. Mi è stato di grande aiuto il Sistema vibonese e senza troppi fronzoli e burocratismi ho avuto la possibilità di consultare immediatamente dei testi significativi che mi hanno permesso ultimare il mio studio. Sono realtà.

Ora Tropea è dentro una geografia di saperi, nuovi e antichi, e di ascolti. Va candidata. Già di per sé Tropea è un articolato di cultura. Il Premio non fa un dettaglio. È un dettaglio, ma come diceva il mio amico Alberto Bevilacqua, sono i dettagli che dettano la storia. Il Premio Tropea è un capitale di cultura e va reso tale.

Cammino tra le strade di Tropea e c’è una musica. Una tromba riporta echi…



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